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Velocità, fretta, tecnologia ed etica. L’uomo rincorre i propri desideri schiavo degli stessi: l’abuso della tecnologia, l’abitudine alla velocità, la solitudine della guida aumentano la possibilità di incidenti e disumanizzano l’uomo.

Il valore più importante è la velocità, fare quantità e non qualità: “se aspetti di fare tutto perfetto non farai più niente”. Ci stiamo imbattendo in una nuova Vision del management legato al concetto di “tutto e subito” e in un nuovo ambiente dove la progettazione, l’analisi ponderata sono considerate solo marginalmente. Velocità, Quantità, Tecnologia tracciante, Geolocalizzazioni: come si sposano tutti questi fattori con l’etica e la morale del datore di lavoro e del lavoratore? Come connotiamo il nuovo rispetto per l’essere umano e per il professionista?

Uomo e professionista: una battaglia interna, una dualità tra uomo e macchina, una guerra di risultati e ben-essere interiore ed esteriore.

Talk show, tavole rotonde, illustri ed esimi ci hanno regalato perle di saggezza sul fantastico impatto della tecnologia nelle nostre vite, esaltando le molteplici possibilità di risparmiare tempo per fare “altro” che, a sua volta, sarà tracciato e accelerato per fare altro ancora. Strade veloci, auto veloci, treni veloci, fast food, drive food, consegne a qualunque ora e in qualunque giorno, non ci sono più giorni festivi, feriali, feste comandate, feste tradizionali, qualunque cosa deve essere  fast :siamo l’aspettativa latente e quella più palesemente necessaria, viviamo nella costante ansia dell’isolamento tecnologico.

Scriveva Max Black:  Non sono d’accordo con gli ingegneri e i tecnologi che credono di poter  risolvere i problemi che ci stanno di fronte con l’ausilio della cosiddetta messa a punto tecnologica […..] I problemi sollevati dal progresso tecnologico sono probabilmente irrisolvibili”.

Nel mondo dei trasporti la frenesia della consegna ha disumanizzato il lavoro e i lavoratori, le competizioni per le consegne stanno raggiungendo il “just in time”: dal manufatto, al prodotto, agli alimentari (food e non food).

Il “tutto e subito” è applicato a qualunque forma di consegna e con qualunque mezzo, dalla bici al TIR passando per il drone. L’imperativo assoluto e primo è SUBITO.

Curioso, come il fruitore del servizio, diventa a sua volta il fornitore del servizio in una sorta di spirale senza fine, dalla spira sempre più stretta e veloce.

I Media ci martellano con la velocità del consumo e, quindi, per consumare dobbiamo velocizzare le consegne, che aumentano le velocità nelle logistiche nei centri distributivi, nei fornitori, nei clienti … un gioco al massacro, un massacro del tempo, della vita, della dignità,dell’etica.

Siamo arrivati a un punto di singolarità tecnologica, nello sviluppo della nostra civiltà in cui il progresso accelera oltre le capacità di comprendere e prevedere gli stessi esseri umani nella velocità del cambiamento.

Il futuro, a breve, potrebbe proporci l’avvento di una intelligenza artificiale superiore a quella umana creando e ampliando un senso di oblio e dissolutezza nel genere umano.

Siamo ancora lontani, ma non troppo. La strada che abbiamo iniziato a percorrere potrebbe portare verso la direzione della comodità e della bulimia tecnologica.

L’essere umano non può finire con l’adattarsi alla tecnologia, ma deve costruirla attorno alle proprie esigenze, in modo da potenziare le proprie capacità e valorizzare il suo ruolo di ideatore ed innovatore.

Gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione ci danno poteri enormi, ma anche grandi responsabilità.

Siamo noi, infatti, a dare valore morale alle nostre azioni e, di conseguenza, all’uso che facciamo degli strumenti che abbiamo a disposizione.

La nostra coscienza morale è appagata dalla assunzione dell’esercizio e dalla responsabilità di chi ci sta vicino e condivide i nostri spazi.

In questa tempesta di innovazione tecnologia, come non pensare, ad esempio, alle auto sempre più automatizzate, quelle che, fra qualche anno, arriveranno a sostituire completamente il soggetto al volante? Se da un lato tali innovazioni offriranno innumerevoli vantaggi, dal punto di vista della sicurezza e del controllo delle prestazioni, dall’altro ci spingono a porci diverse questioni morali.
La verità è che dall’auto senza pilota ci si aspetta di ridurre di oltre il 90% gli incidenti provocati dalla distrazione o da altri errori umani, così come dalle soluzioni basate sulla tecnologia dei sensori che dovrebbero intervenire e prevenire gli errori umani più probabili.
Qual è il rovescio della medaglia? L’aumento della tecnologia negli automezzi con modalità di riconoscimento degli ostacoli, i sistemi di frenata automatica e di “autoguida” del mezzo se, da un lato, rasserenano l’utente sulla diminuzione del potenziale rischio incidenti, dall’altro potrebbero far aumentare la sua disattenzione in modo esponenziale.
L’esperienza, l’eccesso di sicurezza in se stessi e nella tecnologia portano a una conduzione del mezzo con ampi margini di distrazione.  Questo meccanismo si diffonderà un po’ in tutti gli ambiti in cui la tecnologia è fortemente presente, con il rischio che l’uomo sia sempre più privato della sua vera natura umana , che dimentichi quel suo essere vigile, attento, scattante, dinamico, pronto a reagire agli stimoli esterni. Le facoltà mentali si impoveriscono dal momento in cui non hanno più la necessità di “creare soluzioni” ed essere creative. Il cervello umano ha bisogno di sottrarsi a una “costrittiva uni-direzionalità”, perché quanto più effettua operazioni di flusso, tanto più manterrà viva l’elasticità dei suoi neuroni , attività che, soprattutto da un punto di vista etico, è da sempre parte intrinseca della libertà dell’individuo stesso.

Ricordo un bel film d’animazione della Pixar di qualche anno fa, “Wall-e” il cui racconto si basa sulla storia di un robottino programmato per ripulire il pianeta terra, ormai disabitato, dallo scempio causato dagli esseri umani. Un futuro neanche troppo lontano in cui gli uomini vivono a bordo di un’astronave completamente automatizzata, perdendo ogni facoltà di incidere sul loro destino: le macchine surrogano ogni loro funzione, pensano, decidono, si muovono e agiscono per conto di essi, al punto che gli uomini sono ridotti all’obesità e a uno “stoico immobilismo” della mente e del corpo, dimenticando la possibilità stessa di deambulare e pensare in autonomia.
In questa ipotetica civiltà del futuro, le macchine si sono sostituite all’uomo, causando l’involuzione del genere umano. Assecondando il fato senza alcuna manifestazione di volontà, ripercorrendo schemi quotidiani ripetitivi, smarrendo nella perdita di pensiero, della manualità e del movimento la propria identità, l’uomo arriva ad annichilirsi in un’apatica e fatalistica remissività.
è vero che non siamo ancora arrivati a tanto ma il rischio è da non sottovalutare, soprattutto se non impariamo a fare della tecnologia un uso più etico, a essere più presenti ed eticamente responsabili, a valorizzare nella quotidianità la coscienza, l’etica e la libertà di scelta consapevole .

Scelta legata anche alla solitudine alla noia, alle lunghe tratte, all’iperconnessione. Ecco che le distrazioni da “noia” diventano uno dai punti critici della guida. I dati assumono la connotazione da bollettino di guerra come riportano i dati INAIL e fonti di ricerca dei settori del commercio e dei trasporti.

Dall’analisi dei dati ISTAT troviamo che la priorità dovrà essere data alla sensibilizzazione e all’ attenzione durante la guida. Tristemente si riportano alcuni dati infortunistici:

ISTAT 2016 sui numero delle vittime sulle strade- 145 deceduti in meno rispetto al 2015 – è stata scalzata da una repentina inversione di tendenza nel 2017, con un aumento degli incidenti mortali dell’1,4% – 22 in più del 2016 – e delle vittime del 2,7% – 45 deceduti in più, da 1.665 a 1.710.

I comportamenti scorretti alla guida rappresentano un pericolo per se stessi e per gli altri.

Sono aumentate anche le infrazioni, dovute all’uso improprio dello smartphone.
Nel 2017, si registrano ben 65.104 infrazioni per mancato utilizzo di viva voce o auricolare -il 7,1% in più rispetto al 2016.

All’aumentare della capacità di conduzione del mezzo cala l’attenzione e la sicurezza come, ad esempio,
parlare al telefono in auto, usare le chat o scrivere un messaggio, farsi un selfie distogliendo lo sguardo dalla guida. Queste sono tutte operazioni che impediscono di mantenere lo sguardo sulla strada e le mani sul volante, interferendo pericolosamente sui tempi di reazione e sull’attenzione dei conducenti, con rischi elevatissimi per la sicurezza di tutti gli utenti della strada.

Scrivere un messaggio equivale a 10 secondi di distrazione e a percorrere 300 metri senza guardare la strada.Fare un selfie distrae dalla guida per 14 secondi. Per consultare un social network ci vogliono 20 secondi (a 100km/h significa percorrere cinque campi da calcio al buio).

Il rischio di incidente per chi utilizza il cellulare o smartphone durante la guida è fino a 4 volte superiore rispetto a chi non ne fa uso.
Il tempo di reazione di chi guida e contemporaneamente usa un dispositivo elettronico si riducono del 50%.

Per fermare il proprio veicolo, mentre si sta parlando al telefono con il cellulare o smartphone in mano, occorrono 39 metri a fronte di 8 se, invece, si usa auricolare o kit vivavoce (in sostanza 31 metri in più).
Usare un dispositivo elettronico abbassa la soglia di attenzione rendendola simile a quella di chi guida con un tasso alcolemico di 0,8 g/litro (il limite è 0,5).

Si parla molto di cultura della sicurezza. Si parla anche di sicurezza intesa come il poter fare qualunque cosa senza “paura”, paura che possa ledere a noi o alle persone a noi care. Tuttavia spesso il principio del “sine cura” viene frainteso con l’eccesso di sicumera, ossia l’avere un eccesso di esperienza da potersi permettere un calo di attenzione, quindi agendo con minor etica.

L’etica intesa come carattere, comportamento, costume, consuetudine, contestualizzata al mondo dei trasporti non può essere riassunta in poche righe, il comportamento dovrebbe essere vissuto come l’elogio alla vita e al buon padre di famiglia, valori imperativi per imprenditori, lavoratori ed autisti.

Di Gianluca Grossi